
Caso Garlasco: uno dei casi di cronaca nera più drammatici e mediaticamente discussi dal lontano 2007. 18 anni che sono serviti per portare avanti le indagini e condannare a 16 anni di carcere l’assassino Alberto Stasi, l’ex fidanzato della vittima, Chiara Poggi, uccisa con un oggetto contundente nell’agosto del 2007 nei pressi della sua abitazione, dove la giovane viveva con i suoi familiari.
L’allarme della scomparsa della giovane all’epoca 26enne era stata lanciata dallo stesso Stasi che successivamente era stato interrogato ed indagato, dopo alcune evidenze di prove sul corpo della vittima era stato condannato e arrestato con 16 anni di detenzione da scontare.
Tuttavia, è stato sempre un caso pieno di enigmi, con nuovi elementi nascosti che sono emersi negli ultimi anni: tra i più recenti l’omissione della cugina Stefania Cappa dalle indagini, sebbene da molte dichiarazioni tra cui quelle della madre di Stasi risulterebbe che le due non fossero in buoni rapporti all’epoca.Anzi, avrebbero litigato il giorno prima dell’omicidio.
La riapertura delle indagini, però è avvenuta a seguito della consulenza tecnica avvenuta sulla perizia effettuata nel 2007 e ripetuta attraverso le nuove tecnologie della perizia informatica che uniscono software e hardware avanzati.
Dai nuovi elementi sarebbero venute fuori delle tracce evidenti di DNA, dall’analisi presa in carico dal tenente colonnello Gianpaolo Iuliano, comandante della Sezione Impronte del RIS di Roma, e dal dattiloscopista forense Nicola Caprioli, che dichiara che nell’impronta ci sono 15 minuzie sovrapponibili a quelle di Sempio, la cosiddetta “Papillare 33”.
Ulteriori dichiarazioni della madre di Stasi segnalano che l’avvocato difensore Tizzoni avrebbe consegnato gli atti a Lovati poco prima dell’interrogatorio, per infangare le prove. Per il momento le dichiarazioni non risultano verificate da nessuna prova accertata.
“Sono state trattate, nel corso delle operazioni tecniche e di repertamento eseguite in data 21 agosto 2007 dai Ris di Parma, con una soluzione di ninidrina spray al fine di evidenziare impronte e tracce latenti; in data 29 agosto 2007 i Ris di Parma hanno proceduto ad ispezionare le pareti e il soffitto delle scale della cantina precedentemente trattate con ninidrina individuando l’impronta ’33’ che è stata fotografata; il 5 settembre 2007 una parte dell’impronta ’33’ priva di creste potenzialmente utili per gli accertamenti dattiloscopici è stata asportata dal muro grattando l’intonaco con un bisturi sterile. L’ufficio sta procedendo ad ulteriori investigazioni sul punto” queste le note finali della procura di Pavia.